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Il libro di Mauro Mellini si allontana dai punti di vista usuali secondo cui sono giudicati, con una severità che, tuttavia, si rivela sempre inferiore a quella dovuta, avvenimenti e persone della giustizia nel nostro paese. Anziché guardare allo stato allarmante della disfunzione, oramai cronica e tale da lasciare ben poco spazio alla speranza, Mellini, con puntualità e quasi con puntiglio, esamina la progressiva distorsione istituzionale della macchina della giustizia, il cui potere, negli anni si è andato allargando oltre l'alveo che le è proprio, con alterazione dell'equilibrio tra i vari poteri e funzioni dello Stato. Una vera e propria "devianza" dell'apparato giurisdizionale, con tendenza a sostituirsi al potere legislativo ed a quello esecutivo, che si manifesta con la conseguente assunzione di indirizzi, finalità e connotazioni inevitabilmente politici. La giustizia diventa governo, diventa partito. E, conseguentemente, diventa meno giusta. Una devianza che ha origini disparate e le cui responsabilità vanno attribuite a categorie e forze politiche diverse.